Accettare i Nostri Disagi
Viviamo in una società frenetica: sempre più lavoro, sempre più alla ricerca di impegni da portare a termine a fine giornata.
Sempre di corsa, senza avere neppure il tempo di godere dei piccoli piaceri. Ma alcune volte tenersi impegnati diventa una vera e propria scelta di vita. Piuttosto che vivere un senso di vuoto interiore, preferiamo riempirlo con ogni mezzo. Avere molto tempo a propria disposizione, come capita durante un periodo di vacanza, viene da molti vissuto in maniera negativa. Ecco affiorare disagi come noia, tristezza, paura, ansia. Ma come ci comportiamo nei confronti di questi stati d’animo? Il più delle volte, essi vengono percepiti come acerrimi nemici, da abbattere, ostacolare con pensieri e/o psicofarmaci, vivendo nella convinzione di dover adottare tutte le strategie possibili per riuscire presto a “stare meglio”. Se, piuttosto che volerli correggere ed eliminare, cercassimo di accoglierli, potremmo far emergere parti preziose di noi.
Ma cosa vuol dire “accogliere i disagi”? È un po’ come “sedersi e aspettare che passi la tempesta”, senza temerla. Significa semplicemente imparare ad amare e ad apprezzare anche ciò che di noi non ci piace. Noi non siamo solo “il bello”, ma giudicare e disprezzare “il brutto” significa giudicare e disprezzare una parte di noi, andando così incontro a continui fallimenti e alla disistima.
Chi sperimenta un disagio generalmente tende a ricercare, nell’ambiente circostante, persone che possano offrire conforto e accoglimento. Le lamentele sostituiscono la riflessione e, a lungo andare, non si fa altro che cronicizzare uno stato d’animo poco piacevole. Chi non ha cercato il consiglio di un amico o di un parente in una situazione difficile? È più facile esporre all’esterno la problematica, illudendosi di poter ottenere una rapida soluzione. Ma non prendersi carico personalmente dell’evento problematico comporta diverse conseguenze spiacevoli. Succede che ci affidiamo totalmente all’altro e pretendiamo una soluzione che l’altro o non può offrire o non è disposto a dare. Delegare all’esterno, inoltre, non ci consente una riflessione sui nostri stati d’animo più profondi e la conseguente acquisizione della consapevolezza di possedere tutti gli strumenti utili per fronteggiarli. L’emozione, sia essa positiva che negativa, non dimentichiamolo, è un qualcosa di personale che va lasciata fiorire, vissuta silenziosamente, per liberare l’energia vitale e rafforzare la propria autostima. Un’energia presente in ognuno di noi che, se ostacolata o non “ascoltata”, può diventare causa dell’insorgenza dei vari disturbi. La nostra profondità, la nostra unicità, non può essere descritta a parole e banalizzata all’esterno.
Se cominciassimo a pensare, dunque, che tutto ciò che ci occorre è già presente in noi, riusciremmo a dare più spazio e più validità al nostro Io. E solo un Io che diventa energico e forte può addentrarsi nella conoscenza di parti profonde, di parti “in ombra”, principio cardine del benessere psicofisico. Ma questa è una conquista, è come un seme che, piantato, ha bisogno di attenzione, cura, costanza e dedizione per diventare realmente se stesso, ma soprattutto del buio, della profondità e del contatto con la sua vera natura.
“Tutto ciò che ha valore è costoso. Esige molto tempo e richiede molta pazienza”. [C.G. Jung]
Dott.ssa Stefania Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento junghiano