Il Tempo Necessario
Una donna sposa un vedovo con un figlio ancora bambino, molto addolorato per la morte della sua mamma. La donna, commossa dalla pena del bambino, nel giorno del suo matrimonio promette a se stessa: “Sarò io una buona mamma per lui, così il suo dolore avrà fine”.
E da quel giorno decide di impiegare tutte le sue energie per conquistarsi l’amore del bambino. Quando torna nella capanna per i pasti gli prepara i cibi migliori che sappia cucinare, ma lui li allontana con un gesto stizzito: “ Quello che cucinava la mia mamma sì che era buono; questa roba a me non piace, mi fa proprio schifo!”.
Quando la mattina esce per andare a scuola o a giocare con gli altri bambini, gli fa trovare i suoi abiti in ordine, lavati e rammendati durante la notte, ma lui ogni sera torna nella capanna con gli abiti sporchi e strappati, come se lo facesse di proposito. Quando tenta di dargli un bacio sulla guancia, lui se la pulisce arrabbiato col dorso della mano, come se fosse la maggiore offesa che possa ricevere. Insomma, per quanto la donna si sforzi di conquistare il bambino e di consolare il suo dolore, che le fa così male vedere sempre davanti agli occhi, giorno dopo giorno, nessun tentativo le riesce, anzi naufraga miseramente nel fallimento. Alla fine, disperata e piangente, la donna decide di andare a consultare lo stregone del villaggio.
“Preparami una magia per conquistare l’amore del mio nuovo bambino! Te la pagherò a qualsiasi prezzo” lo implora. “Va bene” le risponde lo stregone dopo aver pensato un po’ “te la preparerò”. Però per farla mi servono due baffi del leone più feroce che stia nella foresta! Quelli me li devi portare tu!”. “E come faccio a procurarmi i baffi del leone?” ribatte la donna spaventata e scoraggiata. “Lo sai benissimo anche tu che nessuno si può avvicinare al suo territorio”. “Mi spiace” risponde lo stregone. “Ma se vuoi che io ti prepari la magia, tu mi devi proprio portare quei baffi, altrimenti non potrà avere nessun effetto!”
“Oh, povera me” si dice la donna, ancora più scoraggiata, e se ne torna piangente più di prima nella sua capanna. Ma durante la notte continua a pensare ed è tale il suo desiderio di conquistare l’affetto del bambino che alla fine prende la grande decisione di provare a conquistare anche i baffi del leone.
Il giorno seguente si procura un gran vassoio di carne, di quella preferita dagli animali selvatici, e lo porta nella foresta, al confine estremo del territorio del leone, poi lo deposita per terra e se ne va. Il giorno seguente prende un altro gran vassoio di carne e lo porta di nuovo nella foresta, ma questa volta lo lascia qualche passo più avanti, già nel territorio del leone. Il terzo giorno lo deposita ancora qualche passo più avanti e lo stesso fa anche il quarto e il quinto e il sesto giorno e…e… il ventesimo, il cinquantesimo, il centesimo giorno e così via. E così, di passo in passo, trascorrono prima i giorni e poi anche i mesi e la donna col suo vassoio di carne avanza sempre più nel territorio del leone, fino a quando lui comincia, con grande terrore, a vedere la tana e poi anche lui che si è ormai abituato a lei e al suo vassoio di carne e li aspetta da lontano. E così, a poco a poco, ecco che arriva finalmente anche il giorno che la donna, spaventatissima ma determinata, depone direttamente il vassoio di carne davanti al leone che comincia tranquillamente a mangiare. E allora, con una mossa furtiva, lei gli stacca due baffi, col cuore che le galoppa nel petto, ma il leone, preso dal piacere del pasto, non se ne accorge nemmeno, con tutti i baffi che ha. Allora la donna se li stringe felice al cuore, riattraversa correndo la foresta e va dritta dallo stregone: “Ecco qua, questi sono i due baffi del leone! Adesso preparami finalmente la magia per conquistare il mio nuovo bambino”. Lo stregone la guarda a lungo in silenzio e poi le dice: “Mi spiace, ma quello che tu mi chiedi non lo posso fare. Non bastano i baffi di un leone per conquistare un figlio”.
“Ma tu me l’avevi promesso” singhiozza la donna disperata “e io ho rischiato la vita per andare a prenderli! Che cos’altro può fare una povera donna per conquistare l’affetto del suo bambino?”. “Questo non lo so io, lo sai già tu. Sai perché non ti posso preparare la magia? – le rispose allora lo stregone. “Perché non è più nelle mie mani, ormai ce l’hai tu nelle tue. E la magia è semplicemente questa: devi fare col tuo bambino esattamente quello che hai fatto col leone!”.
La favola etiope evidenzia l’importanza di rispettare il tempo necessario per trovare un adattamento ad ogni evento che cambia, in qualche modo, la nostra vita. Tutti gli eventi del vivere hanno i “loro” tempi. Un seme trascorre un “suo” periodo per stare sotto terra e poi, a poco a poco, per germogliare e crescere. Le nostre azioni abituali, il nostro lavoro e le nostre relazioni hanno il “loro” tempo. Una ferita, per cicatrizzare, ha bisogno del “suo” tempo e ogni individuo ha il proprio. Non solo le ferite fisiche, facilmente individuabili, ma anche quelle psichiche, invisibili. E così anche una crisi ha i suoi tempi, proprio come ogni altra cosa.
Nel bambino etiope si è rotto un equilibrio con la perdita della madre. Non è più quello di prima ma chi diventerà non lo sa ancora. Deve attraversare il cambiamento, faticoso, incerto, pesante. Chi è questa nuova donna che lo aspetta nella capanna e che ha preso il posto della sua mamma che non c’è più? E che cosa vuole da lui? Ci sono ancora troppe lacrime dentro che avranno bisogno dei “loro” tempi per uscire e consumarsi. La donna vuole accelerare i tempi e va dallo stregone per farsi preparare una magia, una di quelle che tutti vorremmo trovare a portata di mano nel momento di una crisi. E lo stregone, saggiamente, gliela promette, ma ad una condizione che sembra apparentemente impossibile da raggiungere. La donna allora si dispera ancora di più ma sarà proprio questa sua disperazione ad aiutarla nel raggiungimento dell’obbiettivo. Questo è uno dei molti aspetti della crisi, che la nostra ultima risorsa la troviamo spesso proprio nel momento del maggiore sconforto. Bisogna toccare il fondo per darsi la spinta e risalire. È questo quello che succede alla donna: risalire, riuscendo istintivamente a rispettare tutto il tempo necessario. Lo stregone sapeva che, per conquistare la fiducia del bambino, ci voleva molto tempo, ma se lo avesse esplicitato alla donna nel momento in cui lei aveva chiesto aiuto, sarebbe stato certo che non era pronta ad accettarlo. Lo stregone le ha insegnato, senza che lei se ne rendesse conto, ad accettare il tempo necessario. La donna riesce a modificare l’iniziale crisi di impotenza in un percorso di crescita e di conquista.
Tutte le crisi, quindi, hanno il “loro” tempo, ma non è il tempo che aiuta a superarle bensì è il nostro Io che lavora nel tempo a farlo. La rottura di un equilibrio ha come conseguenza il non sapere più chi siamo e dove stiamo andando, il sentirci confusi e angosciati. Ma nel rispetto di un tempo necessario, una crisi trova risoluzione, e una crisi superata diventa un grosso patrimonio mentale, perché rinforza la fiducia nelle nostre capacità e, quindi, l’autostima. Superare una crisi, infatti, ci permette di acquisire fiducia in noi stessi e nelle nostre risorse.
Dott.ssa Stefania Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento junghiano